MASSIMILIANO LUCHETTI

Contemporary Art

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  • Massimiliano Luchetti nasce a Pietrasanta nel 1975. Avvicinatosi alla pittura sin da giovane, nel 1992 frequenta da collaboratore il celebre studio d’arte F. Palla in Pietrasanta, affinandosi nella conoscenza dei materiali (marmo, creta) e nella tecnica del disegno. La pittura di Luchetti si traduce in de-costruzioni violente della materia pittorica che da un figurativo labilmente palpabile (ma presente) giunge all'essenziale. Una pittura rigorosamente ad olio che trova nelle serie dei Viaggi - onirici, iniziatici, reali - e delle Mappe una rara espressione artistica: il viaggio dunque, tema meravigliosamente classico, e' vivo e tangibile, seppur sperduto nella nebbia che avvolge il ricordo cosi' come l'avvenire. Sepolcri di cio' che e' stato e di cio' che invece ancora dovra' essere. Gli ultimi lavori, cosmogonie materiche in equilibrio tra concetto e fisicita' del colore, sempre più legati a una destrutturazione concettuale della materia.



Massimiliano Luchetti was born in Pietrasanta (Italy) in 1975. He's always been interested in painting since he was young and attended as an associate the famous art institute "F. Palla" in Pietrasanta in 1992, specializing in graphic arts and use of materials such as marble and clay. His paintings consist in deconstructed and violent representations, which go from something metaphorical and nearly untouchable to the essential. Oil paintings finding rare artistic expression through dreamlike or real journeys and maps. The "journey", extremely classic theme, is deep and evident, despite being lost in the mist covering memories along with the future. Sepulchres of what happened and has not happened yet.
Exhibitions image

PRINCIPALI ESPOSIZIONI:

2024 - Stazione Centrale Aosta, a cura di Tramà
2023 - Villa Fidelio, Spello (PG) "Stati d'Arte", a cura di Andrea Baffoni
2022 - Palazzo Frescobaldi, Firenze "X=X+1"
2022 - CAVP Fondazione Centro Arti Visive, Pietrasanta (LU) "Visio Mundi - ESCAPE FROM", a cura di Daniele Crippa
2022 - Chiesa di San Cristoforo, Fossato di Vico (PG) "Era Nostra", a cura di Andrea Baffoni
2022 - Caravanserraglio Torre Medioevale, Cortona (AR) "Simbiosi", presentazione a cura di Andrea Baffoni
2021 - Artisti per Alina, Palazzo Calciati Crotti – Cremona, a cura di Alina Art Foundation e Massimo Magurano
2021 - Artisti per Alina, Palazzo Albertini – Forlì, a cura di Alina Art Foundation e Massimo Magurano
2019 - Chiesa Carbonaia, Foiano della Chiana (AR) "Supreme", mostra personale, a cura di Massimo Magurano
2018 - Palazzo della Regione Toscana, Firenze, "Ikigai", mostra personale, a cura di Art Adoption e Francesca Bogliolo
2018 - Progetto BAU n° 15, a cura di BAU
2017 - Cortona Art Adoption II° Edizione, Cortona (AR), a cura di Tiziana Tommei e Art Adoption
2017 - Fortezza del Girifalco, Cortona (AR), "2015/ 2017", mostra personale, a cura di Tiziana Tommei
2017 - Salone Nautico Viareggio (LU), Versilia Yachting Rendez-Vous, sugli Yachts della San Lorenzo Yacht, allestimento Yachts
2017 - San Lorenzo Contemporary Art, Chiesa San Lorenzo, Poppi (AR), "NooN", mostra personale, a cura di Silvia Rossi
2016 - Ex Caserma Guido Reni, Roma, mostra collettiva, a cura Arte Italia Cultura
2016 - Centro Arti Visive, Cecina (LI), "Kalypso", mostra personale, a cura di Francesco Mutti
2016 - Palazzo del Senato, Milano, selezione artisti spagnoli e italiani, "Stream of Consciousness", mostra collettiva, a cura Arte Italia Cultura
2016 - The Paseo Plunge Art Gallery, Oklahoma City, Oklahoma, Massimiliano Luchetti, Sara Lovari, Enrique Gonzales
2015 - Mainsite Contemporary Art, Norman, "Cultural Connection", Oklahoma, Massimiliano Luchetti, Sara Lovari, Enrique Gonzales
2015 - Salone Nautico di Cannes sugli Yachts della San Lorenzo Yacht, allestimento Yachts
2015 - Salone Nautico di Genova sugli Yachts della San Lorenzo Yacht, allestimento Yachts
2015 - Museo Mitreo Iside, Roma, "Percorsi d'arte in Italia", mostra collettiva, a cura di Giorgio Di Genova e Enzo Le Pera
2015 - Galleria 33, Arezzo, "Number 47°", mostra personale, a cura di Tiziana Tommei
2015 - Art Gallery, Parma, "D'Arborea Vita Viventi", Massimiliano Luchetti, Giuseppe Bonali, Annalisa Di Meo, Enzo Forgione
2015 - Grand Hotel de la ville al Barilla Center, Parma, Massimiliano Luchetti, Giuseppe Amadio, Andrea Terenziani, a cura di Art Gallery
2014 - I° Edizione Premio FBO Banca Mediolanum, Montecatini Terme, Primo Premio
2014 - Tenuta di Ghizzano (PI), "Hypersilence", mostra personale, a cura di Francesco Mutti
2014 - Galleria 33, Arezzo, "Ombre", mostra personale, a cura di Tiziana Tommei
2013 - Teatro del Silenzio, Lajatico (PI), mostra collettiva, a cura di Nicola Micieli
2013 - Villa Roncioni, San Giuliano Terme (PI), "Viaggi", mostra personale, a cura di Francesco Mutti
2013 - Galleria L'Agostiniana, Roma, "Incontemporanea", mostra collettiva, a cura di Monica Ferrarini
2013 - Villa Paolina Bonaparte, Viareggio (LU), mostra Collettiva
2013 - Palazzo Ruspoli, Roma, "Incontri Confronti", mostra collettiva, a cura di Monica Ferrarini
2012 - II° edizione premio artistico Maurizio Martolini, Roma, Primo Premio
2012 - Museo Casa di Giotto, Vicchio (FI), "Massimiliano Luchetti", mostra personale, a cura di Nicola Micieli
2012 - Artexpo Arezzo
2012 - Palazzo Zenobio, Venezia, "Incontri Confronti", mostra collettiva, a cura di Claudia Baldi
2011 - “Il Fortino”, Forte dei Marmi (LU), "Ai Confini Del Mondo", mostra personale, a cura di Giovanni Bovecchi
2011 - Open one, Pietrasanta (LU), Mostra collettiva (scultura)
2011 - Villa Gori, Stiava (LU), mostra collettiva
2011 - Galleria petrarte, Pietrasanta (LU), "Marinsky - Luchetti" (scultura - pittura), a cura di Giovanni Bovecchi
2010 - Galleria Agorà, Massarosa (LU), mostra collettiva
2010 - Chiostro degli Agostiniani , Empoli, esposizione scultura
2010 - Galleria petrarte Pietrasanta (LU), "L'Ultimo Viaggio", mostra personale, a cura di Giovanni Bovecchi
2009 - Galleria petrarte Pietrasanta (LU), mostra collettiva
2009 - Antiquamente, Carrara, fiera d’arte e antiquariato
2009 - Chiostro S. Agostino, Pietrasanta (LU), "Racconti Sospesi", mostra personale, a cura di Giovanni Bovecchi
2008 - Galleria Fogola, Torino
2008 - Galleria petrarte, Pietrasanta (LU), "L'Immaginario Cosmico Interiore", mostra personale, a cura di Giovanni Bovecchi
ANDREA BAFFONI

L’estetica post-umana di Massimiliano Luchetti

Nell’ottica di una lettura dai contorni post-umani, l’opera di Massimiliano Luchetti manifesta tutte quelle coordinate che concorrono a un’efficace contestualizzazione di genere, tenendo ben presente come, più o meno da metà degli anni novanta, parte dell’immaginario creativo si è radicato nell’immedesimazione di scenari fantascientifici i cui contorni mostravano una sempre più marcata tendenza alla traduzione nella realtà.
Scorrendo le pagine di passati cataloghi, se ne ricava un itinerario espressivo ben radicato nella pittura, dal quale l’artista gradualmente si è allontanato pur mantenendo saldi certi connotati di base. In particolare ci si riferisce alla progressiva perdita dell’immagine raffigurata a favore di una sempre più convinta immedesimazione del soggetto. Quello, cioè, che un tempo appariva come interpretazione informale delle energie materiche, diviene oggi una contaminazione tra elementi eterogenei. L’informale che troviamo nelle opere del 2016 e che scopriamo derivare da ancor più primitivi approcci pittorici verso rappresentazioni quanto mai realistiche diviene oggi quella “meta-forma” con cui abbiamo denominato parte dell’installazione presentata in luglio presso lo spazio espositivo Caravanserraglio di Cortona e successivamente tradotta, in parte, nella mostra Era nostra presso Fossato di Vico, in Umbria. Mi riferisco dunque al dialogo tra elementi metamorfici dove la relazione tra materia e luce proietta lo spettatore nel mistero stesso della trasformazione organica.
Mettendo da parte inutili giri di parole, voglio specificare come l’ideale artistico di Luchetti appaia assimilabile ad un’efficace visione simbolico-metafisica orientata nell’esprimere al meglio la trasformazione biologica e culturale oggi in atto. L’essere alieno che campeggia al centro dell’installazione, adagiato su un letto come d’ospedale e circondato da finestre luminose in cui appaiono aloni di sostanze gelatinose, comunica da subito l’ingresso nella dimensione laboratoriale di moderni alchimisti della genetica. Una sequenza di tute bianche sterili, un tavolo ricoperto da provette, flaconi, contagocce e recipienti per sostanze dai più diversi colori, non sembrano poi così distanti dalla nostra quotidianità. L’ospedale, la sala operatoria, il laboratorio per analisi denotano le caratteristiche di un’epoca soggiogata dalla scienza, benché nella maggior parte dei casi non se ne accorga nessuno. E la scienza è oggi anche il paradigma di molti artisti, in particolare quelli della generazione cresciuta nel corso degli anni Ottanta, come nel caso di Luchetti, e maturata nel decennio successivo quando tematiche come la clonazione, la cibernetica, la realtà virtuale, ma anche la ricerca della vita aliena (nel 1992 nasceva il MOP, Microwave Observing Program, con cui il governo statunitense finanziava un progetto del SETI per la ricerca di intelligenza extraterrestre) divenivano ordinaria amministrazione di una società sempre più tecnologica e sempre più distante dai tradizionali processi biologici dell’organismo umano.
Oggi, dove anche i cyborg sono realtà (nel 2004 l’artista inglese Neil Harbisson è stato ufficialmente considerato dal Governo appartenente al genere cyborg e così dichiarato nel documento d’identità), appare evidente come quel processo iniziato nella Toscana manierista del XVI secolo, fatta di alambicchi e scienziati-stregoni dediti alla ricerca della pietra filosofale, maturato poi in epoca romantica con la pubblicazione del Frankenstein di Mary Shelley (1816) e infine alimentato dalla fantascienza del novecento, debba necessariamente portare gli artisti a sondare, con la creatività, i limiti della ricerca tentandone l’inevitabile sorpasso in virtù di ipotetiche nuove frontiere.
Questi traguardi li troviamo proprio nell’opera di Luchetti sotto forma di contesti ambientali. L’artista dimostra di aver compreso la lezione spazialista di Lucio Fontana, relativa al superamento della bidimensionalità in favore di una convinta acquisizione del luogo stesso, e con essa la dimensione installativa che determina l’inglobamento dello spettatore nell’opera. Dimostra inoltre di aver superato il carattere bidimensionale della pittura pur mantenendo fede a quella ricerca estetica di fondo, tutto ciò esprimendo i contenuti dell’epoca attuale, con le sue aberrazioni e il suo fascino nascosto tra i meandri della tecnologia.
Oggi Luchetti è un artista pienamente inserito nel proprio tempo, capace di generare bellezza pur affidandosi a elementi di discutibile fascino. Un artista dal solido temperamento espressivo che riesce a tradurre in forma compiuta le ossessioni del presente e con esse le angosce o gli slanci di entusiasmo. Cosa ci attende in futuro? Osservando l’opera di Luchetti riusciamo a farci un’idea, e forse ad anticiparlo, e questo, come più volte avvenuto in passato, è un traguardo che solo i veri artisti sanno raggiungere.


FRANCESCA BOGLIOLO


“Gli alberi sono le colonne del mondo, quando tutti gli alberi saranno tagliati il cielo cadrà sopra di noi.” (Antico proverbio Sioux)


È un lavoro che attraversa la materia, quello effettuato da Massimiliano Luchetti sulle sue tele. È uno scontro fisico che, pur richiamando alla mente la volontà Gutai di dipingere con il tempo e lo spazio, la reinterpreta secondo una cifra stilistica del tutto personale che sembra rimandare alla necessità di ricerca interiore dell’artista, incessante e in continua sperimentazione. L’agire si fonde con la competenza tecnica, in un fare inconscio che manifesta sulla tela le più intime verità e contemporaneamente palesa l’inscindibile legame dell’uomo con l’universo. L’opera, realizzata a terra, permette la visione su tutti e quattro i lati, in una dinamica che già nelle proporzioni appare legata alla natura e ai suoi ritmi materni. In un incedere che ha del rituale l’artista copre, lascia depositare, ricopre, individua, rimuove, definisce. Sulla tela, così come nella memoria, gli strati mantengono e rivelano una vita nascosta, brulicante, segreta, che si sovrappone metaforicamente sia ai processi naturali, sia alla personalità di Luchetti, riservato e instancabile investigatore della bellezza. Il procedimento è sempre solitario, meditativo, sciamanico. L’estetica viene interiorizzata e rielaborata attraverso un’evoluzione estatica che permette di indagare a fondo il senso della vita e dell’arte. La spiritualità mediata dal gesto artistico permette attraverso le forme la rivelazione della verità, che si affaccia da tappeti densi di colore agglomerato. La tensione verso l’oltre si manifesta a livello visivo: lo sguardo indugia sui reticoli formati dalla frammentazione di una materia viva, che incedendo sul supporto traccia la sua strada all’interno di un costrittivo horror vacui. La necessità di respiro genera veri e propri labirinti emotivi, intrecci di rami pittorici da cui intravedere la sostanza eterna della volta celeste. Manifestazioni di una tensione che pervade la tela e la persona, le opere di Luchetti risultano cariche di fascinazione emotiva, simili ad alberi che sostengano una volta di intaccabile speranza. L’astrazione ottenuta regala un effetto percettivo simil totemico: dalla terra su cui sono realizzati alla parete su cui vengono appesi gli Untitled e i Monocromi binari vanno incontro a un procedimento di elevazione che è identitaria e simbolica insieme. La lezione tramandata da Luchetti è antica e fondamentale. L’uomo può, e deve, guardare dentro se stesso per arrivare a perdersi nel cielo.


ADRIANA CONCONI FEDRIGOLLI

Materia Pittorica Dell'Anima

Percorrendo la produzione pittorica di Massimiliano Luchetti si comprende il possente percorso di ricerca che ha maturato in questi anni mantenendo, pur nel mutamento espressivo sia da un punto di vista tecnico che formale, una sua spiccata e inconfondibile individualità. Luchetti nei suoi “viaggi” pittorici in luoghi reali e ideali, viaggi mentali percorsi dall’artista in prima persona, in cui silhouette di figure, di elementi architettonici, di velieri, di croci e altri soggetti vengono assorbiti dalle energie vitali e vivificatrici di ciò che li circonda, riesce con la pennellata o la spatolata sicura ad introiettare se stesso e i suoi mondi infiniti, non sempre, volutamente, espressi in maniera completa, che turbinosamente animano la sua mano. Nel 2013 l’artista inizia a proporre opere numerate dal titolo Mappe e questo può essere inteso come un primo segnale di ciò che verrà a seguire. Nei “viaggi”, che Luchetti proponeva all’osservatore attraverso la tela, l’interiorità profonda dell’artista si affiancava ad un tema. Il pittore sente fortemente il bisogno di esprimere unicamente se stesso, il suo profondo sentire e le emozioni che dilaniano la sua anima, dunque nel periodo di passaggio sembra quasi che consegni al fruitore le Mappe per dei “viaggi”, nei quali Luchetti non parteciperà più in prima persona. Ed ecco tra il 2014 e il 2015 la svolta, intensamente meditata, in cui il soggetto delle opere diventa unicamente lo scandaglio interiore, a tracce lacerante, dell’anima dell’artista. La stessa tecnica utilizzata già presente nelle opere precedenti in cui si assiste ad una costruzione e de-costruzione della materia pittorica assurge ad essere parte integrante e insostituibile. Luchetti stende uno strato di colore, attende che si asciughi e con un spatola toglie ciò che risulta in eccesso, ciò che si frappone tra sè e l’espressione di sè. Questo processo lo continua, lo ripete senza interruzione fino a quando sulla tela rimane o meglio appare, quasi come una visione, quello che l’artista sente e desidera trasmettere. Un processo di costruzione e de- costruzione o perchè non dire un processo di creazione autentica, in cui è necessario togliere ciò che ostacola la sintesi intellettuale perseguita dall’artista. Trattandosi di moti interiori Luchetti sceglie di non dare più un titolo descrittivo, ma semplicemente di numerare le sue tele. Opere che colpiscono, che affascinano nella visione sia per le scelte cromatiche in parte desuete, ma efficacissime, sia per la resa materica in cui appaiono reali e tangibili le profonde increspature dell’anima, accentuate da una sorta di desquamazione del tessuto pittorico. Le opere parlano da sè in ogni sua singola parte: le parole spesso sono contenitori troppo deboli e inadatti per essere referenti dei sentimenti ed è opportuno fermarsi e rimanere a osservare.

TIZIANA TOMMEI

Ombre

Non c’è nulla di immediato nell’opera di Massimiliano Luchetti. Non c’è stasi o un porto tranquillo dove attraccare. Se ti trovi di fronte ad una sua tela non ti puoi nascondere e capisci subito che scappare non servirebbe a salvarti. Una tecnica lenta e riflessiva, fatta di velature successive, stratificazioni sovrapposte, abrasioni e sottrazioni, che rappresenta il medium ideale per il passaggio in una dimensione, quella della pittura, in grado di riflette sulle proprie capacità di mettere in scena verità più forti di quelle comuni. Cavalieri, relitti, isole, fortificazioni, terre inesplorate, mondi che appartengono ad un passato remoto, indefinito. Soggetti che perdono consistenza, sfumano e appaiono come fantasmiche presenze sospese nel vuoto. Il mondo che Luchetti costruisce e destruttura sulla tela non può avere contorni netti e figure delineate, perché non rappresenta una dimensione onirica in cui quello che si sogna ci appare più vero del reale e quasi tangibile. Egli da forma ad un’elaborazione mentale del sé. Crea, mediante il suo lavoro, una zona di passaggio, un limbo. Non luoghi ultraterreni, ma realtà palpabili, che possiedono un proprio peso specifico, occupando un’area di sviluppo attraverso la quale invadere lo spazio. I suoi dipinti sono anime carnali, dotate di vita propria e, allo stesso tempo, di una fisicità concreta, data, visibile. Lo provano il rumore della tela dispiegata sulla superficie del pavimento e l’odore forte della pittura. Ma è maggiormente il non detto, il celato e ciò che muta con il tempo e lo spazio a renderle esseri a sé stanti. Assorbono il riguardante in un vortice di sensazioni da metabolizzare lentamente. Accompagnano in un’esperienza totalizzante – basta osservarle per provare qualcosa di nuovo, unico, non banale, che conduce oltre la pura visione. Il pittore non restituisce ciò che vede e le sue opere non derivano da una sorta di abbandono dei sensi di fronte al reale. Al contrario, esse costituiscono tappe di un iter interiore, squisitamente mentale, cerebrale. Provocano un senso di vertigine, e appaiono come visioni che trascendono l’hic et nunc, trasportando verso l’ignoto. Non danno certezze o punti fermi a cui appellarsi. Mettono in scena ombre di figure e oggetti desunti dal vocabolario figurativo dell’artista, che nei lavori più recenti procedono inesorabili verso l’astrazione, traducendosi in proiezioni di un mondo reale inteso come pura finzione.

NICOLA MICIELI

Su un dipinto a schermo panoramico e, in estensione, sulle visioni sospese,
i prefigurati misteri della metafisica immanente di Massimiliano Luchetti
Un addensarsi bruno e indistinto di formicolanti presenze all’orizzonte, avamposto d’orda barbarica o postazione di milizie mercenarie. Così mi appaiono e tali le intendo-ma senza plausibile ragione, se non la loro inqualificata identita'-seppure parli di esercito, e non le connoti, il titolo del dipinto di Massimiliano Luchetti sul quale mi soffermo in assorta riflessione. E’ un assembramento di astanti irti di picche e vessilli innastati, unici acuminati vettori che si riconoscano quali possibili protesi predisposte all’offesa, nella scena orchestrata con turneriano tempestare di segni pittorici ognuno in se' luminoso, in variazione cromatica dalle terre bruciate ai violacei ai rossi e gialli, nella grandiosa manifestazione atmosferica-alba o tramonto-rappresentata con intero il sentimento romantico del sublime della natura. Chiamo assembramento di astanti la folla che Luchetti convoca e raduna sulla tela. In realta' non saprei se giudicarli armigeri in attesa di entrare in azione o se gia' in moto verso lo scontro, e in questo caso non sia che polvere da loro sollevata la caligine che li permuta in sospettabile massa. Probabile che il corteggio delle figure sia stato concepito per abitare la soglia, che il pittore le colga al varco tra l’esserci e l’estinguersi. Non sono ectoplasmi o creature del sogno, che svanirebbero con l’interruzione del contatto mediatico o con il risveglio, ma certo nella sfera del visionario paranormale e onirico potrebbero facilmente defluire, se appena il pittore ne distorcesse l’ottica sulla scia di Turner, di Bocklin, di Redon, per dire di appartenenze simboliste nelle quali Luchetti potrebbe agevolmente collocarsi, a un’eventuale sua scelta di ulteriore slittamento del linguaggio pittorico e figurale. Intanto i suoi astanti, e ogni altra presenza di minima ma pur compiuta corporeita' certo resa lillipuziana dalla vastita' del paesaggio, si mostrano come anticipazioni, sorta di alfieri delle future persone, delle storie per esse predisposte e degli accadimenti possibili sino al compimento dei loro destini. Tutto e' dato in potenza, dunque in procinto di accadere, se la leggiamo albicante la temperatura cromatica e il clima dell’ora; oppure, adottando l’ipotesi complementare che rovescia il percorso, tutto e' stato consumato nella storia, e sta appunto per annichilirsi con le luci affocate del tramonto, forse per rigenerarsi in nuova potenza. Per il clima sospeso di questa visione, non si puo' non pensare al fatidico evento temuto e agognato, nella cui attesa si consumano le vite dei militari assegnati alla fortezza avamposta del Deserto dei tartari di Buzzati, e che Alba Romano Pace fissava, riferendosi agli iterati, sempre intensi climi d’attesa dei dipinti di Massimiliano Luchetti, con una inimitabile immagine verbale: l’ignoto imminente. In questo senso, manifestandosi sia pure in nuce alla presenza e alla vita, quali larvali creature o segni indiziari di cose e situazioni, queste figure embrionali mantengono una irresolvibile ambivalenza,poiche' in termini eguali e contrari sembrano annunciare l’assenza e la morte. Il controluce che svela la schiera irsuta degli armati, e i loro presumibili cavalli e le armi visibili e forse il corredo dei marchingegni bellici, spande una luminescenza della quale si ingrigia fino al proscenio il terreno irregolare. Con gli armati disposti lungo un fronte che attraversa da parte a parte l’inquadratura, dissolvendosi ai margini, il controluce localizza il crinale dell’immenso altopiano, in uno con l’orizzonte che altrimenti non sapremmo rilevare. Sarebbe assorbito e forse del tutto dissolto, il limen pur vago e mobile dell’orizzonte, se non vi fosse quel riverbero d’ombra nell’accensione trancolorante dello schermo panoramico. Mancherebbe un qualsivoglia riferimento spaziale, anche solo un’idea di una distanza in qualche modo percorribile, di una estensione riconducibile alla gittata del nostro sguardo preso di meraviglia alla spettacolare apparizione, nell’animo l’insinuazione di un sospetto, una vaga inquietudine se non un allarme. Difficile non avvertire una latenza, non prefigurare un evento perturbante, in questa apertura visionaria dismisurata gia' per la vastita' percepibile, ancor piu' per l’illimite generato dalla sonda dell’immaginario, che ama il viaggiare sotterraneo o aereo, comunque in dimensioni altre e parallele. Pare il preludio a un leopardiano naufragio nell’infinito. Oltre la soglia della siepe sul colle di Recanati, si schiudono al veleggiare del solitario poeta interminati spazi e sovrumani silenzi e profondissima quiete. Come dire la dimensione rarefatta e imperturbabile dell’essere. La siepe e' cortina necessaria a distrarre i sensi e la mente dal rumore del tempo e della contingenza mondani, fino a che lo stormire del vento tra le fronde non li richiami all’hic et nunc , alla stagione presente, ma come consolati con la memoria del tempo. Nella visione del pittore il rapimento e la deriva si compiono in uno spazio certo indeterminato e dissolvente, pero' saturo di materia finemente impastata, che deposita tocco a tocco, fibra a fibra, velo a velo intessendola in una partitura di concertazione tonale, nella quale appena si rilevano i minuti interventi, ed un vibrato diffuso intriso di sensi sommersi, come un fuoco che brucia lento e senza fiamma, filtrando dall’imo a riflesso non appariscente di intimi sommovimenti dello spirito. Viaggiando nella micro-orografia e nella stratificazione della materia pittorica, la sonda del nostro sguardo immaginario attraversa la sostanza carnale del vissuto, per cui l’immagine dell’Esercito qui indagata, e ogni altra da Luchetti registrata nel catalogo delle sue non “ingenue” ma intuitive visioni, appare una pagina di un diario intimo, la memoria di una sensazione e di un’emozione vissute al cospetto della natura, così dense e pregnanti da permutarsi in contemplazione estetica e in riflessione esistenziale. Ecco, uno spessore del vissuto, una vibrazione esistenziale, appunto, distingue le visioni di Luchetti da ogni altra evocazione romantica e simbolica del viaggio umano nell’indeterminato e nel grandioso della natura. Quel sedimento fervido di materia vivente induce a considerare i suoi climi di attesa degli accadimenti come una sorta di interrogazione del mistero, una sorta di metafisica immanente, dello sguardo e dell’emozione alla scaturigine degli atti, che comporranno la catena della storia biologica e culturale dell’uomo.

FRANCESCO MUTTI

Viaggi

Massimiliano Luchetti non e' un sognatore. Affatto. Piedi ben piantati a terra e lo sguardo attento, scruta paziente la stanza mentre riflette su ogni suo gesto. Su ogni sua parola. No, Luchetti non e' un sognatore! Non vagheggia di mondi lontani ed ameni. Non racconta di campagne bucoliche scaldate dal sole. O di foreste silvane addormentate languidamente sotto cieli tersi dipinti, qua e la', da poche nuvole cullate dal vento. No, Luchetti non e' un sognatore. Non in quel senso comune, almeno. e' l’odore della trementina a scuoterci. A svegliarci. A ricordarcelo. Intenso e diretto, si insinua tra le nostre narici, lambendo il palato, scatenando motivi dimenticati. La sensazione penetrante della materia pittorica. Dei colori che si mischiano l’uno all’altro. Della tela arrotolata su se stessa: “Quanto tempo, vero? Prima di tornare alla tua forma originaria...”. Fenomeno che, unico e raro al contempo, anti-storico o desueto per tanti, recupera alla mente il ricordo di bottega; e si impone alla vista per le sue dimensioni. Importanti e legittime - ma non potrebbe essere altrimenti. Presenze fisiche che ci invitano a intraprendere un viaggio che di sognato, appunto, ha poco o niente. Calate le ancore, a riposo gli eserciti in attesa di ordini, tra le nebbie di estese pianure e torrioni caduti, vecchi saggi o antiche vestali indicano la via avvolta nella bruma del mare, nella foschia delle terre selvagge. Atmosfere di un Turner nascosto; o di quel grande illustratore che e' stato Cor Blok. Il viaggiatore Luchetti osserva e redige, annota e rielabora: portolani e battaglie, eserciti e flotte alla fonda, sconfitte dal tempo, dagli elementi, dall’attesa. Forse. Ma ancora in viaggio. Rigorosamente ad olio, difficile e lenta come deve essere - narra di mondi terreni ed ultraterreni, vissuti e al di la' del varco, attingendo alla matrice onirica molto meno di cio' che invece si potrebbe pensare. Il viaggio, tema meravigliosamente classico, e' reale e tangibile. Seppur sperduto nella nebbia che avvolge il ricordo così come l’avvenire. Sepolcri di cio' che e' stato e di cio' che invece ancora dovra' essere, Luchetti ha quei luoghi ben impressi nei suoi occhi. E quelli egli dipinge con attenzione puntuale, non lasciando scampo alla sua immaginazione. Poiche' niente esiste, in quelle tele, che lui non abbia vissuto in prima persona. Del resto il viaggio e' solo agli inizi.

ENRICO MATTEI

Viaggio verso l’immortalita’

La ricerca di Massimiliano Luchetti racchiude una visione romantica dell’arte, dalla pittura del romanticismo intesa come espressione di una sensibilita' che si rivolta e si libera delle precedenti regole per ricercare nuove fonti d’ispirazione, in una prospettiva di sensibile soggettivismo. Questo individualismo porta a tradurre innanzitutto stati d’animo, sensazioni interiori: passione, forza, terrore, gusto del mistero e soprattutto del tragico, e amore sempre rinnovato verso una natura vivente, multiforme, generante meraviglia, timore, vertigine. La partenza del concepimento dell’opera nel nostro artista e' questa visione-idea romantica che si concretizza leggermente anche sull’aspetto formale delle tele. Il paesaggio di Luchetti ricorda la visione interiore della pittura di William Turner che nasceva dall’immaginazione intesa proprio come invenzione, le figure che troviamo spesso rappresentate dal nostro artista come silhouette con pochissimi riferimenti di razza o di eta', indicano quella preoccupazione dell’infinito, dei rapporti dell’Io con la natura propri della visione romantica di Caspar David Friedrich che amava porre alcuni personaggi visti di schiena di fronte a paesaggi ampi e struggenti. Senza vedere gli occhi di queste figure, che ritroviamo di frequente nello spazio emozionale della pittura di Luchetti, siamo intimamente coscienti dello sguardo di questo personaggio misterioso perche' e', al contempo, la sua visone e quella del pittore ad essere fatta nostra.
Un’altra caratteristica del suo fare arte e' la particolare concezione della pittura che permea le principali poetiche di tale direzione artistica; il dipingere e' infatti inteso dall’artista, da un lato, come la sensazione di cogliere nell’attimo presente la sintesi delle cose, e dall’altro, come il desiderio urgente di rinvenire l’eternita' in cio' che e' effimero, la perennita' in cio' che e' fuggente. Il quadro, quindi, non e' piu' la registrazione di un avvenimento vissuto nella sua concretezza e materialita', bensì la registrazione di scene quasi immateriali, di sfumature fluide che si fondono in un’armonia generale; ed e' cosi che le scene di Massimiliano Luchetti risultano attraversate da un’indeterminatezza ottica e dai toni accesi, nell’intenzionalita', da un lato di rendere la vibrazione della luce, e dall’altro di far emergere non tanto la densita', quanto la leggerezza e il carattere evanescente delle cose. Un sensualismo la cui unita' di stile e' fondata sull’intuizione personale e su una predilezione oggettiva escludenti precettistiche dottrinarie. La realta' esterna perde ogni potere costrittivo e riesce ad offrire possibilita' infinite d’immaginazione. Tale situazione diventa così, per l’artista, una sorta di inesauribile tastiera musicale, il motivo su cui, nel seguire il proprio cuore, e' libero di improvvisare. La corrispondenza nelle tele rinvenibile fra pittura, letteratura, musica,colori, parole e suoni serve all’artista per tradurre le sensazioni avvertite dall’individuo; in tal senso, il musicista e il poeta paiono “dipingere” cio' che provano e il pittore suggerisce la “musica delle cose”. L’artista pensa alla fine degli oggetti che li hanno portati verso la “morte”. Non che non ci abbia mai pensato ma questa volta lo fa in modo chiaro e diretto. “La morte e' un soggetto straordinario, l’unico che abbia lo stesso peso della vita. Se vuoi parlare della vita devi pensare prima alla morte”, diceva Maurizio Cattelan. Noi esseri umani siamo forse le uniche creature intimamente consapevoli del fatto che dovranno morire, anche quando la morte non e' imminente, questo fa in modo che Luchetti pensi alla creazione come una messa in opera che diventa l’inizio della morte di quell’idea progettuale che esternandosi, prendendo forma e diventando opera d’arte, inizia un suo processo autonomo, una nuova vita; rinascita e consacrazione in una sorta d’immortalita' ottenuta con una pittura senza tempo, in cui le sue visioni immaginarie fanno vivere riferimenti oggettivi che si confondono e si perdono nello spazio infinito delle sue tele. L’arte e' anche questo, la cura artigianale che prolunga l’esistenza in opposizione alla mercificazione diffusa, noi moriremo, ma forse l’arte restera'.

GIOVANNI BOVECCHI

Memorie dell’invisibile

La pittura di Massimiliano Luchetti e' ossessiva, terribile e ansiogena, bellissima e corrotta, purissima e maledetta. Imprevedibile, come lo sono la morte o la nascita della vita. Un mondo con pochi rimandi al reale, o meglio: un mondo reale ormai proiettato verso punti alieni di non ritorno, in bilico su dead lines misteriosamente attrattive. Una pittura elegante con una continua messe di emozioni deliranti e pur soavi, dolci, che avvolgono e spingono dentro profonde visioni ancestrali, accanto ad angosce intime ma anche vicino alle ultime speranze, alle piu' estreme vie di fuga, rapidissime, verso scenari senza tempo, senza luogo, senza memoria, dove tutto rimane, per sempre, come un amore eterno che piu' nulla o nessuno potra' violare.
Nei quadri di Luchetti la natura e' sempre impressionante e mantiene una rigorosa ingenuita' linguistica complicata da una sofisticata espressivita' pittorica ed emotiva come se in lui parlassero due anime: quella di un bambino che sogna ricordi perduti e quella del poeta-guerriero-pirata sempre in fuga alla ricerca di tesori spirituali, di una quiete, oltre ogni apocalisse. E’ un artista estremamente coerente dotato di una cifra stilistica personalissima: i suoi lavori pittorici posseggono un forte comune denominatore che lo rendono riconoscibile pur nella varieta' dei soggetti rappresentati e nell’evoluzione della tecnica pittorica. E’ molto difficile trovare casi di una così persistente coerenza quando si parla di una pittura dell’incombente, di una pittura di spaesamento esistenziale; aspetti questi che rimandano al mysterium fascinans et tremendum della Pittura Romantica. Agisce infatti sulla poesis di Massimiliano quella modernita' cupa che denuncia di per se' quanto ogni progresso sia stato inutile. Un’ala di supremo misticismo si ritrova in questo sorprendente pittore che dipinge spinto da una interiore, irrinunciabile, necessita' di Poesia e di fuga, in cerca di spazi paralleli ove ogni elemento diventi rito, simbolo, porta sacra, estasi, luce o profonda notte, isola o castello incantato, roccaforte o infinito mare ove solo un lontano vascello remoto sia l’ultima salvezza, battaglie silenziose o cimiteri di relitti in acque ferme ed inquietanti, donne che vagano in spazi di sogno, forse amanti che corrono verso un estremo precipizio, coraggiosamente solcato quale soglia dell’eterna resurrezione d’amore od ancora il risvolto simbolico ed esorcizzante della perdita o lontananza di una figura materna. Qui gli elementi nativi dei quadri, i soggetti visibili/invisibili, assurgono a codici metafisici, anzi a vere e proprie chiavi di lettura di una realta'/non-realta' via via sempre piu' in disfacimento, in una pittura che dal materico plastico e rugoso del primo periodo si spinge progressivamente ad un materico sottile e impalpabile, che s’inabissa nella texture della tela: la lenta deflagrazione e' taleche ora solo la esile membrana dell’invisibilita' ha sostituito la densa gravita' di una materia cadente, lacerata dal tempo. Torna in un certo qual modo un’esigenza primaria assoluta, tutta di matrice post-romantica: quella di morire fisicamente nella materia stessa della creazione, di dissolversi con essa in un unico atto creativo giacche' per ogni “poeta” maledetto solo il creatum soggettivo e' vita, unica condizione di rinascita. Potremmo dunque definire Massimiliano Luchetti un poeta onirico, surrealista, metafisico. Un artista utopico? Un visionario borderline? Un artista che inverte i ruoli del rapporto tra figurazione e astrazione ove la figurazione stessa diventi elemento d’appoggio, sostanziale della cosmica apocalissi del reale? Nelle sue prime visioni liminali comparivano gia', quali metafora dell’Oltre, i simboli di un’esistenza in bilico tra luce ed ombra: piccole figure sull’orlo di un promontorio sovrastato da cieli cupi ed immaginari; sagome scure di antichi velieri che solcano mari impenetrabili al limite di un orizzonte inquietante; boschi misteriosi ove un drappo di stoffa rossa rompe cromaticamente con uno sfondo ansioso e tremendo, senza uscita; solitarie dimore ai limiti della collina che ricordano atmosfere di fiaba e paure d’infanzia; alberi segnati da vortici di vento supini alla maestosita' della forza della natura; cavalieri fantasma che improvvisamente appaiono come in un sogno all’apice di una montagna, impermanenti, surreali; anime che vorrebbero attraversare, insieme alle persone amate, in anticipo, il cerchio della vita. Figurazioni che progressivamente si perdono o si isolano maggiormente in spazi ultramondani quasi limbici o prenatali. Una figurazione ramificata e reminescente che aumenta esponenzialmente il grado d’intensita' dell’astrazione in forza di un habitat e non una figurazione “colpita”, soggetta alla perturbazione astrattista. Un ambiente poetico spaesante ove qualcosa di ultraterreno stia per accadere e ove appunto il dato di natura, il reale, sia elemento, medium, necessario. Una pittura distante dell’estetizzante non essendo utile per l’artista la ricerca di uno specifico “effetto edulcorante” sullo spettatore; al contrario una pittura apparentemente casuale, per certi versi non “ricercata” e certamente non inseguente il clamore scenico o ammiccante ad una qualche leziosita' che si vorrebbe desiderata nell’osservatore. Una weltanshauung vicino ad un nichilismo che non nega del tutto il sentimento. Ne siano prova alcune espressivita' “chiariste” non estranee alla poetica dell’oscuro di Luchetti, per il quale la tela e' sempre ultimo altare sacro ove ogni sua opera diventi liturgia del transustanziale e sacrificio estremo.

ALBA ROMANO PACE

Racconti sospesi
«Plus encore que la vie
La mort nous tient souvent par des liens subtils»

Charles Baudelaire- Les Fleurs du mal

Sfilacciati in tocchi di colore, sparpagliati in pigmenti di materia, i baudelairiani «legami sottili» che l’uomo intreccia con la morte si disegnano enigmaticamente nelle tele di Massimiliano Luchetti. Riallacciandosi alla tradizione del simbolismo psicologico che vede in Odilon Redon uno dei massimi esponenti, Massimiliano Luchetti crea un suo universo crepuscolare e notturno, in cui risuonano i racconti di Edgar Allan Poe, i versi maledetti di Una stagione all’inferno di Rimbaud e quelli dei Fiori del male di Baudelaire. Dipinti in uno stile naif, che in alcune tele, e soprattutto negli sfondi, si intensifica in tinte sfuocate o in pennellature rapide e corpose, i quadri di Luchetti raccontano una fiaba, intrisa d’ombra e di mistero. I suoi personaggi vogliono trasportare lo spettatore nei meandri di una dimensione sconosciuta, dove onirismo e realta' si fondono nell’incombenza dell’essere, dell’esistere. «La bellezza sara' convulsiva o non sara'», scriveva Andre' Breton, creatore del movimento surrealista, parlando di quella attrazione inconscia dell’uomo nello scoprire bello cio' che si teme, e nel provare l’ebbrezza dell’attesa del manifestarsi di un evento conturbante.
Racconti sospesi, così si potrebbero definire le immagini di Luchetti. I suoi personaggi sono anime in cerca di avventure, in continuo dialogo con l’aldila'. Non sono corpi, ma spiriti. Figure inconsistenti, trasparenti come gli esseri che fuoriescono dall’acqua nella tela Ouverture. Qui il lungo formato rettangolare accompagna, e prolunga, il viaggio verso l’ignoto di una piccola imbarcazione, lenta e leggera come la navicella di Caronte che trasporta le anime dei morti sullo Stige, il fiume degli inferi. La barca del quadro e' nera ed immateriale, così come incorporea e' la sagoma del conducente o passeggero, che la occupa. Capitani di vascelli fantasma in balia delle onde, cavalieri erranti, ombre blu o rosse, tinta questa ultima che assume per Luchetti una valenza particolare. Simbolo del fuoco e del sangue, il rosso e' per lui il colore della vita. Un nastro rosso legato allo scheletro di un albero indica il passaggio di un essere umano in un luogo desolato, i capelli rossi della Bambina in un bosco di anime, identificano la ragazza come l’unico essere vivente assediato da una danza d’ombre invasate. Nei quadri di Luchetti ogni colore ha un ruolo: il rosso grida, il blu si elettrizza, così come il rosa, tenue o fluorescente, o il grigio metallico, introducono ad una dimensione metafisica. In un paesaggio deserto, una casa rosa o un campo argentato, svelano l’esistenza di un mondo altro, interiore, annunciato gia' dallo strano vento che avvolge quasi tutte le sue composizioni, sconvolgendo i tratti dei personaggi ed i contorni degli oggetti. Le immagini diventano allora delle visioni momentanee, degli evanescenti miraggi pronti a smaterializzarsi, ma che l’artista ha la capacita' di bloccare sulla tela, in un’istantanea che conserva il movimento e la stasi, così da lasciare allo spettatore l’inebriante bellezza convulsiva dell’attesa di un ignoto imminente.

LUCIANO CAVALLARO

Phanein

I greci definivano PHANEIN (da cui il termine fantasia) la capacita' della mente umana di interpretare liberamente i dati dell’esperienza o di rappresentare immagini sue proprie in immagini sensibili. In altri termini cio' significa, che l’intelletto, attraverso l’elaborazione di molteplici linguaggi simbolici, tende a fornire un’adeguata decodificazione della “realta'”(leggi fenomeno) che sia sovrapponibile alla “realta'” stessa. Tali prodotti simbolici, siano essi descrizioni letterarie o poetiche, scientifiche, musicali o figurative, sono sempre il risultato di calibrate scelte selettive ove eccelle la discontinuita' (il connotante) determinata da indizi analogici caratterizzanti. La constatazione della irriproducibilita' sistematica della natura ha prodotto fin dagli esordi del linguaggio, l’idea di arte, inizialmente come puro esercizio dell’intelletto, in seguito come “manifestazione visibile dell’invisibile”, cui l’elaborazione simbolica della materia poteva condurre. Oggi, l’ammissione che mente e materia non possano procedere disgiunte e' un dato acquisito che informa l’operativita' dell’uomo, nonche' l’elaborazione da parte dello stesso di schemi conoscitivi mirati alla decodificazione del cosmo: talvolta pienamente condivisi, tal’altra inedite proposte formali.
Massimiliano, conscio dell’insostituibilita' delle regole grammaticali che stanno alla base di ogni specifico linguaggio, pur cimentandosi nella rappresentazione di rarefatte atmosfere che sembrerebbero fagocitare ogni riferimento percettivo, con sapienti colpi di colore, riconduce sempre lo spettatore sul piano semantico. La pittura di questo giovane artista si rivela così, come manifestazione di un serrato rapporto dialettico fra la materia, quale tramite imprescindibile della percezione, e la struttura recondita a cui la materia stessa si conforma dando luogo ad infinite relazioni significanti. Così, dense spatolate di colore mimano il moto di un mare in tempesta, e lì, la prua di un vascello sembra additare la minacciosita' del cielo come se fosse lo stesso mare, asceso la' con intensificato fragore. Ma la PHANEIN di Massimiliano sa esprimere anche la quiete che ispirano le distanze prospettiche; così nelle sue “Isole” in cui tutto appare come sublimato e carico di promesse (e di ammonizioni) come nell’Aleph di Borges, così nello sguardo, che si percepisce attonito e stupito, di minuti personaggi che dall’alto di rupi dantesche paiono contemplare il sublime. Da quanto sopra, non ci sembra improprio sottolineare che Massimiliano, voglia invitarci ad una riflessione sulla mutevolezza e grandiosita' di quella creazione che una misteriosa intelligenza ordinatrice pare voglia sottoporre alle nostre percezioni, quasi la stessa che Dio Padre biblico richiamo' in tutte le sue varianti alla coscienza del povero Giobbe.

FRANCO SUMBERAZ


Discesa nell’infinito

Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite. Così William Blake, profeta, indicava il percorso visionario che Massimiliano affronta in queste opere visitate in un antecedente ciclo. Uscire dalla veste critica, spogliare le parole dalla retorica ormai stanca del peso del voler dimostrare spesso il vuoto di valori perduti, essere osservatori integri, nudi, vedere con gli occhi dell’anima la pittura, il gesto: premesse primarie per “entrare” nel mondo pittorico di Massimiliano. La condizione e rappresentazione della morte, la discesa agli inferi, un aldila' spesso popolato di simboli cruciformi, di cavalli neri, di carri funebri, di vascelli scheletrici nelle tempeste, di scure tonalita' bituminose, alberi solitari spogli, larve di uomo perdute in paesaggi dilatati, una solitudine sgomenta: passaggi obbligati di ogni anima tormentata dalla ricerca di una voce, di una luce, di uno spiraglio di verita'. Negata in questa dimensione temporale ogni risposta, se non la nitida odierna percezione creativa di queste tele ultime che frugano, oggi, nelle impalpabili, misteriose nebbie e trovano presenze di ectoplasmi danteschi, dipinti di nuova vita informale che muovono i primi passi verso la futura, immancabile, certa, immagine antropomorfica: “l’uomo”.
Eng Art Critical image
TIZIANA TOMMEI

Shadows

There is nothing immediate in the work of Massimiliano Luchetti. There is no stasis or quiet haven where one can dock. If you are in front of one of his canvas you can not hide yourself and you quickly understand that running away would not save you. A slow and reflective technique, made of subsequent layers, superimposed layers, abrasions and subtractions, which is the ideal medium for entering in one dimension, that one of the painting, that is able to reflect on its ability and enact truths stronger than common. Knights, shipwrecks, islands, forts, unexplored lands, worlds that belong to a remote past, undefined. Subjects who lose consistency, fade away and appear as phantasmic attendances, suspended in the void. The world that Luchetti constructs and deconstructs on the canvas has not sharp edges and outlined shapes because it does not represent a dreaming dimension where our dreams are more real than reality and almost tangible. He shapes the mental process itself. Through his work he creates a transition zone, a limbo. Not to otherworldly places but palpable reality which have their own specific weight, occupying an area of development that invades the space. His paintings are carnal souls with their own life and at the same time with a concrete, real and visible physicalness. This is proved by the noise of the canvas unfolded on the surface of the floor and the strong smell of the paint. But first of all is the unsaid, the hidden and what changes with time and space that make them beings in their own right of living. They absorb the content in a whirlwind of sensations to metabolize slowly. They accompany in a total experience - just observe them for trying something new, unique, non-trivial, which leads beyond the pure vision. The painter does not return what he sees and his works do not derive from a kind of abandonment of the senses in front of the real. On the contrary, they are steps of a inner process, purely mental and cerebral. They cause a sense of vertigo, and appear as visions that transcend the hic et nunc, carrying into the unknown. They do not give certainties or fixed points to whom appeal. They enact shadows of figures and objects taken from the figurative vocabulary of the artist, that in the more recent works proceed inexorably towards abstraction, expressing themselves as projections of a real world reflected as pure fiction.

NICOLA MICIELI

A painting on a panoramic screen and in extension on suspended visions,
the prefigured mysteries of the immanent metaphysics of Massimiliano Luchetti
thickening brown and indistinct swarming of appearances on the horizon, barbarian horde outpost or mercenary station. So they appear to me and this is how I understand without plausible reason, if not their unqualified identity - even if we talk about the army, without any connotation, the title of the painting of Massimiliano Luchetti on which I pose absorbed in reflection. It is a crowd of onlookers bristling with fixed pikes and flags, only sharped vectors are as possible prosthesis predisposed to injury, in the orchestrated scene with a Turner bombard of pictorial signs, each one lightly, in a chromatic variation from burnt sienna to purple to red and yellow, in the grand atmospheric event of the sunrise or sunset which represent the romantic feeling of the sublime in nature. I call the crowd a concourse of onlookers that Luchetti summons and gathers on the canvas. In fact I do not know if they are warriors waiting to get into the action, or on the move to fight and in this case the haze that exchanges them into a suspected mass is simply the dust they have raised. It is likely that the procession of figures has been designed to inhabit the threshold, that the painter caught them out between the being and the dying out. They are not ectoplasms or creatures of the dream, who would vanish with the interruption of the media contact or the awakening, but certainly in the realm of the paranormal and visionary dreamer they could easily drain away, if only the painter distorts the optics on the trail of Turner, Böcklin, Redon, to speak about simbolic connections where Luchetti could easily be placed, to a further choice of a slip of pictorial and figurative language. Meanwhile his bystanders, and any other minimal presence, but still made with a complete corporeality surely presented in a Lilliputian manner by the vastness of the landscape, show themselves as anticipations, a kind of standard-bearers of future people, stories arranged for them and possible events until the completion of their destinies. All is described in potential, then about to happen, in a whitening atmosphere the chromatic temperature and the climate hour, or by adopting the complementary hypothesis that reverses the path, everything has been consumed in the story, and it is precisely to annihilate with the flaming lights of the sunset, perhaps to regenerate into a new power. Because of the suspended climate of this view, we cannot avoid thinking of the fateful event, feared and longed, for which with expectation the soldiers’ lives are assigned to the fortress of the Deserto dei Tartari by Buzzati, and that Alba Romano Pace stared, referring to the iterated, always intense waiting climates of Massimiliano Luchetti's paintings with an inimitable verbal image: the imminent unknown. In this sense, these embryonic figures, manifesting themselves both in nuce to presence and life, as larval creatures or evidence of things and situations, they maintain an unsolvable ambivalence as, in terms of equal and contrary they seem to announce the absence and death. The backlight that reveals the hairy formation of the army, and their presumed horses and the visible arms and perhaps the military, it spreads a glow that becomes grey up till the irregular terrain of the proscenium. With the warriors arranged along a front which crosses from one side to the other and frames, dissolving to the margins, the backlight locates the ridge of the immense plateau, in one with the horizon that otherwise we would not detect. The limen, even vague and mobile of the horizon, would be absorbed and perhaps entirely dissolved, if there was no reverberation of the shade in the lighting discoloration of the view. There would not be any spatial reference, just an idea of a walkable distance in some way, an extension due to the range of our gaze that takes in wonder at the spectacular appearance, the insinuation in the soul of a suspect, a vague uneasiness if not an alarm. It is hard not to feel some latency, not to foreshadow a disturbing event, in this visionary opening already excessive because of the perceptible vastness, even more for the limitless generated by the imagination, that loves travelling underground or aerial, however in other dimensions and parallel. It sounds like the prelude to a Leopardi shipwreck in the infinity. Beyond the threshold of the hedge on the hill of Recanati, boundless spaces, superhuman silences and deepest quiet, hatch to the sail of the lonely poet. That is to say, the thin and imperturbable dimension of the human being. The hedge is required curtain to distract the senses and the mind from the noise of time and mundane contingency, until the rustling of the wind among the branches does not call them back to the hic et nunc, at the present season, but is consulated with the memory of time. In the vision of the painter the kidnapping and the drift are accomplished in a certain space indefinitely and dissolving, though saturated with finely kneaded matter which settles touch to touch, fiber to fiber, veil to veil, weaving it into a score of tonal consultation, in which we just note the minute presences, and a widespread vibrato soaked of unknown senses, as a fire that burns slowly and without flame, filtering from the deepest part a reflection not striking of inner turmoil of the spirit. Travelling in the micro-orography and in the stratification of the painting, the probe of our imaginary gaze crosses the fleshly substance of the experience, so the image of the Army here investigated, and each other registered by Luchetti in the catalogue of his not “naïve” but intuitive visions, appears as a page of an intimate diary, the memory of a feeling and an emotion experienced in the presence of nature, so dense and meaningful to change in an aesthetic contemplation and existential reflection. Here, a thickness of lived experience, an existential vibration, in fact, distinguishes the visions of Luchetti from each other, an evocation romantic and symbolic of the human journey in the indeterminate and grandiose of nature. That fervent sediment of living matter leads us to consider its waiting climates of the events as a kind of interrogation of the mystery, a kind of immanent metaphysics, the look and emotion to the wellspring of the acts that will make up the chain of the biological and cultural history of man.

FRANCESCO MUTTI

Travels

Massimiliano Luchetti is not a dreamer. Not at all. His feet are firmly planted on the ground and his watchful gaze, searches the room with patience as he reflects on his every movements. On his every word. No, Luchetti is not a dreamer! He does not long for distant and pleasant worlds. He does not tell of a bucolic countryside warmed by the sun. Or sylvan forests languidly asleep under clear painted skies, here and there, with few clouds rocked by the wind. No, Luchetti is not a dreamer. Not in the usual sense, at least. It is the smell of turpentine that shakes us. It wakes us up. To remind us. Intense and direct, it winds through our nostrils, touching our palate, evoking forgotten reasons. The pervasive feeling of the painting. Of the colours mixed one to another. Of the canvas rolled up on itself: “How long does it take, really? Before you get back to your original form ...”. Phenomenon, unique and rare at the same time, anti-historical or obsolete for many, recovers to mind the memory of the studio, and it stands up for its size. Important and legitimate - but it could not be otherwise. Physical presences that invite us to embark on a journey, that of course, has little or nothing to do with the dream. Dropped the anchors, resting armies waiting for orders, through the mists of vast plains and fallen towers, wise old men or old vestal, point the way shrouded in the mist of the sea, in the mist of the wilds. Atmospheres of a hidden Turner, or of that great illustrator who was Cor Blok. The traveller Luchetti observes and drafts, notes and elaborates: portolans and battles, armies and fleets at anchor, defeated by time, by the elements, from hold. Maybe. But still travelling. Strictly oil paint, difficult and slow as it should be – it tells of worlds and afterworlds land, lived beyond the gate, drawing less on dream instead of what you might think. The journey, wonderfully a classic theme, it is real and tangible. Although it is lost in the fog that surrounds the memory as well as the future. Sepulchres of what has been and of what still it has to be, Luchetti has those places well etched in his eyes. And he paints those carefully, leaving no escape to his imagination. Because there is nothing in those paintings, he has not experienced first hand. Apart from that, the journey is just at the beginning.

ENRICO MATTEI

Journey towards immortality

The search of Massimiliano Luchetti encloses a romantic vision of art, from paintings of romanticism as an expression of a feeling that turns and gets free from the previous rules to search for new sources of inspiration, through a perspective of sensible subjectivism. This individualism leads first to translate moods, inner feelings: passion, strength, terror, taste of mystery and above all of tragic, and love ever-renewed toward a multi-faceted living nature, creating wonder, fear, dizziness.
The conception of the work in our artist comes from this romantic vision-idea that is realized even slightly on the formal aspect of the canvases. The landscape of Luchetti reminds the inner vision of a painting by William Turner that was born from the imagination understood as invention, the figures that are often represented by our artist as silhouettes with very little references of race or age, indicate that concern for the infinite, for the relations of the ego with nature typical of the romantic vision of Caspar David Friedrich who loved to put some characters seen from the back in front of sweeping and poignant landscapes. Without seeing the eyes of these figures, that we frequently find in this emotional space of Luchetti’s painting, we are intimately aware of the gaze of this mysterious character because he is at the same time, his vision and that one of the painter that becomes ours.
Another feature of his art-making is the particular conception of painting that permeates the main direction of this poetic art; on one side painting is firstly for the artist the feeling of grasping in a present moment the synthesis of things and secondly, the urgent desire to find eternity in what is ephemeral, survival in what is fleeting.
The picture, then, is no longer the recording of an event lived in its concreteness and materiality but it records scenes that are almost immaterial, smooth shades that blend into the general harmony, and that is how the scenes represented by Massimiliano Luchetti are crossed by an indeterminacy of optical and bright tones, with the intention, on one hand to make the vibration of the light, and on the other one to bring out not only the density but the lightness and the evanescent character of things.
A sensualism whose unit of style is based on personal intuition and objective predilection excluding doctrinal precepts. External reality loses its coercive power and is able to offer endless possibilities of imagination. This situation becomes for the artist, a kind of inexhaustible musical keyboard, the reason to follow your heart, where he is free to improvise. The correspondence in the canvases recovering between painting, literature, music, colours, words and sounds allows the artist to translate the sensations perceived by the individual, in this way, the musician and the poet seem to “paint” what they feel and the painter suggests the “music of the things”.
The artist thinks of the end of the objects that have brought them to the “death”. And this time he thinks about this in a straightforward manner. “Death is an extraordinary subject, the only one that has the same weight of life. If you want to talk about life you have to think before to death”, said Maurizio Cattelan. The human beings are perhaps the only creatures intimately aware of the fact that we have to die, even when death is not imminent, and this makes Luchetti think of creation as an implementation that becomes the beginning of the death of the planning idea that disclosing, takes shape and becomes a work of art, it begins its autonomous process, a new life, rebirth and consecration in a sort of immortality obtained with a timeless painting, where its imaginary visions bring to life objective references that are confused and lost in the infinite space of his canvases. Art is also this, the craftsmanship that prolongs the existence in opposition to the diffuse commercialization, we will die, but maybe art will remain.

GIOVANNI BOVECCHI

Memoirs of the invisible

The painting of Massimiliano Luchetti is obsessive, fearful and anxiety-inducing, beautiful and corrupt, pure and cursed. Unpredictable, as death or birth of life. A world with few references to the real, or better, a real world now projected to alien points of no return, hovering over dead lines mysteriously attractive. An elegant painting with a continuous harvest of delirious but gentle emotions, sweet, that close and drive into deep ancestral visions, along intimate anxieties but also close to the last hopes, to the most extreme escape routes, the fastest, to scenarios with no time, place and memory, where everything remains forever as an everlasting love that nothing or no one can violate.
In the pictures of Luchetti nature is always impressive and maintains a strict linguistic naivety complicated by a sophisticated pictorial and emotional expressiveness as if he were speaking two souls: that of a child who dreams of lost memories and that of the poet - warrior - pirate always on the run in search of spiritual treasures, a stillness, beyond every apocalypse. He is a very consistent artist with a very personal style: his pictorial works possess a strong common denominator that make him recognizable even in the variety of the subjects represented and the evolution of his pictorial technique. It is very difficult to find instances of such a persistent consistency when it comes to painting the impending, a painting of existential disorientation; aspects that refer to the mysterium fascinans et tremendum of the Romantic painting. The gloomy modernity that denounces that any progress has been useless, acts in the poesis of Maximilian. A wing of supreme mysticism is found in this amazing artist who paints driven by an inner indispensable necessity of poetry and escape, looking for parallel spaces where each element becomes ritual, symbol, a sacred door, ecstasy, light or deep night, island or enchanted castle, fortress or infinite sea where only a distant remote vessel is the last salvation, silent battles or cemeteries of wrecks in still and disturbing waters, women who wander into spaces of dream, perhaps lovers running towards an extreme cliff, who bravely crossed the threshold of the eternal resurrection of love or even the symbolic implication and exorcising the loss or absence of a mother figure.
Here the native elements of the paintings, the visible/invisible subjects, rising to the metaphysical codes, even to actual interpretations of a reality/non-reality gradually more and more into decay, in a painting that from the plastic and rough material of the first period goes gradually to a thin and intangible material, that sinks into the texture of the canvas: the slow deflagration is such that now only the thin membrane of invisibility has replaced the dense gravity of a falling material, torn by time. In a certain way it goes back to a primary and absolute need, all of the post- romantic matrix: that one of dying physically in the material itself of creation, by dissolving it in a single creative act as for each “cursed poet” only the subjective creatum is life, the only condition of rebirth.

We can therefore define Massimiliano Luchetti as a dreamlike, surreal, metaphysical poet. An utopian artist? A visionary borderline?
An artist who reverses the roles of the relation between figuration and abstraction, where the representation itself becomes element of support, the real substance of the cosmic apocalypse? In his first liminal visions already appeared, such as a metaphor of the beyond, the symbols of a life in balance between light and shadow: small figures on the edge of a promontory dominated by dark and imaginary skies; dark silhouettes of old sailing ships that ply the impenetrable seas to the limit of the disturbing horizon, mysterious forests where a drape of red cloth breaks chromatically with an anxious and awful background, with no exit, lonely mansions on the edge of the hill that recall the atmosphere of fairy tales and fears of childhood, trees marked by vortices of wind supine to the majesty of the force of nature; ghost knights who suddenly appear just like in a dream at the peak of a mountain, impermanent, surreal; souls who would like to go through, along with the people they loved, in advance, of the circle of life. Figurations which progressively lose or isolate themselves more in supramundane areas, almost limbic or prenatal. A branched and reminiscent figuration that exponentially increases the degree of intensity of abstraction under a habitat and not a figurative “hit”, subjected to the abstractionist perturbation.
A poetic and disorienting environment where something otherworldly is going to happen and where precisely the fact of nature, reality, is the element, the medium, necessary. A painting faraway from the aesthetic not being useful to the artist the search for a specific “sweetener effect” on the viewer, on the contrary a painting seemingly random, in some ways not “refined” and certainly not chasing the scenic outcry or winking at a some affectation that you would want in the observer. A weltanshauung close to the nihilism that does not deny at all the feeling. Some “brightness” expressiveness are the proof, that are not foreign to the obscure poetic of Luchetti, for which the canvas is always the last sacred altar where all his works will become the liturgy of the transubstantial and ultimate sacrifice.

ALBA ROMANO PACE

Suspended tales
«Plus encore que la vie
La mort nous tient souvent par des liens subtils»

Charles Baudelaire- Les Fleurs du mal

Frayed with finishing touches of color, scattering pigments of matter ,Baudelaire’s “subtle bonds” that man entwines with death are outlined enigmatically in Massimiliano Luchetti’s paintings. In the tradition of Odilon Redon, the main exponent of psychological symbolism, Massimiliano Luchetti creates his own crepuscular and nocturne universe in which we feel Edgar Allan Poe’s stories, Rimbaud’s ‘damned verses” Of a “Season in Hell” and Baudelaire’s “Les Fleurs du Mal”. Some of his works are painted in a naïve style, above all in his backgrounds which become intense with out-of-focus hues or full-bodied strokes. Luchetti’s painting tell a fairy-tale, imbued with shadow and mystery. His characters take the observer into the depths of an unknown dimension where dream and reality blend in the undertaking of being, of existing. “Beauty will be convulsive or it will not be” wrote Andre’ Breton,founder of surrealism, speaking of mans unconscious attraction in discovering beauty in what he fears and the elation in waiting for a perturbing event; we can define Luchetti’s pictures suspended tales. His characters are souls seeking adventure, dialoging continuously with the hereafter. In his painting “Ouverture” they are not bodies but ghosts, insubstantial figures, transparent beings appearing out of the water. The long and rettangular shape of the canvas accompanies the voyage of a small vessel towards the unknown, slow and light as Caronte’s vessel that carried the souls of the dead on the Stige, the river of the underworld. The boat in the painting is black, immaterial and incorporeal are the outlines of the driver and his passenger. Captains of phantom vessels in the mercy of the waves, wandering cavaliers, blue and red shadows; red is of special value for Luchetti, the symbol of fire and blood, red the color of life. A red ribbon tied to the skeleton of a tree indicates the crossing of a human being in a desolate place. A little girls red hair in a forest of souls identifies her as the the only human being, besieged by a dance of possessed shadows. In Luchetti’s paintings every color has a role: red shouts, blue electrifies, a soft and fluorescent pink or a metallic grey, in a metaphysical dimension. A pink house or a silver field reveal the existence of another interior world ,foretold by a strange wind ,in almost all of his compositions, which disarrange the characters features and the objects outlines. Images thus become momentary visions, fading mirages ready to become immaterial ,that the artist for an instant blocks on the canvas, saving their movement and stasis, leaving the observer with the inebriating convulsive beauty of an imminent unknown.

LUCIANO CAVALLARO

Phanein

The Greek word PHANEIN means the human mind's ability to freely interpret the facts of experience or to represent its own images into sensible images. (It is also the root of the word fantasy). In other words this means that the intellect, through the processing of many symbolic languages, provides the appropriate reality decoding (reads phenomenon) that could lie over reality itself.
These symbolic descriptions, whether literary or poetic, scientific, musical or figurative, are always the result of calibrated selective choices in which discontinuity excels, with a connotative role, created by analogical distinctive signs.
It is acknowledged that nature does not systematically reproduce. This has produced, from the origin of language, the idea of art, first as a mere intellectual exercise and then as a "visible manifestation of the invisible", which could lead to the symbolic elaboration of matter.
Today it is truly universally acknowledged that mind and matter are not disjointed, it is an acquired fact that informs the workability of man, as well his creation of cognitive schemes which aim for the decoding of the cosmos: sometimes fully shared while at other times in undisclosed formal proposals.
Although Luchetti knows of the irreplaceably of the grammatical rules that underlie any particular language, even if he represents rarefied atmospheres that seem to engulf any perceptional reference, he always leads the viewer on the semantic level, through skillful strokes of colours.
The painting of this young artist is represented in a close dialectical relationship between matter, essential process to perception, and the hidden structure in which the matter conforms itself, creating endless significant relations.
Thus, thick strokes of colour mimic the stormy sea motion, and there, the bow of a vessel seems to point out at the menace of the sky as if it were the same sea, arousing with increased noise.
But for Luchetti the word PHANEIN can also express peace, inspiring the perspective distance. In his "Islands", where everything is sublimated and full of promise (and warnings), as in the Aleph of Borges and also in the astonished and amazed eyes of small figures who contemplate the sublime from high rocks as in a Dante's vision. Therefore, as a consequence of the foregoing comments, it is appropriate to emphasize the fact that Luchetti wants us to reflect on the changing and magnitude of the creation, created by a mysterious ordering intelligence to our perceptions, almost the same as the God the Father in the bible who recalls in all his variations, the awareness of the poor Job.

FRANCO SUMBERAZ

Descent to infinity

To be honest and candid observers of painting, abandoning a critical role and avoiding rhetorical words that often are satiated by their own weight in wanting to show the emptiness of lost values and to observe with eyes of the soul. The gesture, the act in itself is the main introduction in finding ones way into Luchetti’s pictorial world. When doors of perception open everything appears as it really are: infinite. William Blake, the prophet, indicates a visionary path that Luchetti follows in his work in a previous cycle. The representation and the condition of death ,the descent into hell, a heaven often populated with cruciformed symbols, black horses, hearses of skeletal vessels in a storm, dark bituminous tonalities, bare solitary trees, larvae of man lost in dilated landscapes, a dismaying solitude…: a necessary passage for a tormented soul in search of a voice, of a light, of a ray of truth. In his latest works in this temporal dimension every answer is denied except for a clear daily creative perception. They search for the untouchable and mysterious fogs only to find the presence of dantesque ectoplasms that are painted in a new informal life that moves its first steps in the direction of the future, an inevitable, certain, anthromorphic image: “man”.

  • Marina di Pietrasanta, LU, Italia